Come farsi ubbidire senza urlare

Una guida dedicata ai genitori per capire come farsi ubbidire dai figli senza urlare per ogni richiesta.

Quante volte sentiamo genitori urlare ai loro figli nel vano tentativo di farsi ubbidire. E quante volte, anche senza volerlo, l’abbiamo fatto in prima persona e in contesti diversi.

Non solo in casa con i figli, ma anche in ufficio con i colleghi o durante il tempo libero con gli amici: quando dentro di noi si è rafforzata l’idea che per farsi ascoltare e ubbidire è necessario urlare, portiamo gli stessi comportamenti in tante situazioni della vita, con tutto che può comportare.

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Urlare non è mai una scelta educativa. È frustrante sia per chi lo fa sia per chi ascolta. Non serve né a sfogarsi né a ottenere risultati e conferma nei bambini l’incapacità dell’adulto di essere maturo e assertivo.

Eppure, se ci chiediamo come questo comportamento faccia sentire noi e gli altri, la risposta non è mai positiva. A maggior ragione se il nostro interlocutore è un bambino –> Scopri perché urlare ai bambini non serve!

Patti chiari, amicizia lunga

Farsi ubbidire senza urlare non è impossibile. Non è tuo figlio, il tuo collega, il tuo capo o il tuo amico ad avere bisogno di un bell’urlo nelle orecchie per seguire le tue indicazioni, è il rapporto che si è instaurato nel tempo a dover essere modificato.

Da dove partire per migliorare? Da una sincera chiacchierata a tu per tu. Bisogna però tenere conto che, per quanto riguarda i bambini, ogni età richiede un approccio comunicativo diverso dall’altro.

Fino ai 9-10 anni, i bambini hanno bisogno di parole semplici e frase dirette, concrete. Ad esempio: «Se sistemi le coperte del letto prima di andare a scuola, ci fermiamo a prendere la tua brioche preferita per la merenda», oppure «Se dopo pranzo finisci i compiti, possiamo andare a trovare il tuo amico Marco».

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Mentre parliamo ai più piccoli, dovremmo tornare anche noi un po’ bambini, seppur mantenendo la nostra razionalità, per ricordarci come avevamo bisogno di interagire con gli adulti e di ottenere spiegazioni da loro.

Ricordiamoci che anche i bambini, così come noi, hanno bisogno di spiegazioni per essere motivati. Quindi è meglio evitare di dire un semplice «No» o «Sì», ma giustificare le proprie risposte con «Sì, perché hai fatto tutti i compiti» oppure «No, perché devi ancora sistemare i giocattoli nella tua cameretta».

Da’ tempo al tempo

I tempi di reazione di un adulto sono ben diversi da quelli dei bambini. Inutile pretendere, subito dopo aver suggellato un piccolo «patto» tra genitori e figli, che le cose cambino immediatamente. Inutile anche lasciare che le emozioni sovrastino la razionalità e ricominciare a urlare, con più decisione di prima.

È molto più efficace, a questo punto, lasciare tempo ai bambini di verificare le conseguenze delle loro azioni e decidere da soli quando è arrivato davvero il momento di cambiare.

Ad esempio, se il patto prevede che il bambino sistemi i giochi dopo averli usati per avere del gelato a merenda, lascia che sia lui stesso a capire che i patti non si fanno solo a parole. Dopo uno, due, tre giorni senza gelato e con i giocattoli in disordine, sceglierà da solo di cambiare.

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Il «tutto e subito» non esiste nel mondo degli adulti e tanto meno in quello dei bambini. Il tempo, la costanza e il buon esempio sono i migliori insegnanti.

Sii coerente nel rispettare i patti 


In questo momento di ridefinizione dei rapporti, non è proprio il caso di cedere o addirittura di dimenticare le premesse dell’accordo.

Tornando all’esempio di prima, se il bambino decide di mettere alla prova la concretezza dei patti lasciando i suoi giocattoli in disordine e aspettandosi lo stesso il gelato a merenda, è compito dell’adulto trovare dentro se stesso la fermezza di non reagire alla piccola provocazione e, al tempo stesso, di mantenere fede alle regole condivise. Questo significa che non dovrà neanche sistemare i giocattoli al posto del bambino.

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