I cosiddetti “bambini prodigio” sono, come si sa, dotati di un quoziente intellettivo superiore alla media. Quello che è senz’altro un dono naturale, però, si trasforma spesso in un problema; un’intelligenza spiccata, infatti, può essere accompagnata dalla difficoltà di dover far fronte alle aspettative degli altri (insegnanti, parenti, soprattutto genitori).
Sulla base di quest’ipotesi, un gruppo di ricercatori dell’Università di Glasgow ha studiato la relazione tra le abilità intellettive dei bambini di dieci anni e il consumo di alcol in età adulta.?La ricerca, pubblicata successivamente anche sull’American Journal of Public Health, ha dimostrato che per ogni bambino che all’età di dieci anni raggiunge 15 punti in più di QI (quoziente intellettivo) il consumo di alcol da adulti aumenta in media di 1,27 volte, con un incremento più marcato tra le donne.?I ricercatori spiegano che i maschi che da bambini rivelano un QI alto sono spesso destinati, da adulti, a mansioni di responsabilità (e quindi a cene e pranzi di lavoro e di rappresentanza, nel corso dei quali il consumo di alcol è più abbondante).
Le bambine-prodigio, dal canto loro, una volta diventate donne, possono essere più inclini al bicchiere per reagire alla difficoltà di farsi largo in ambienti di lavoro prevalentemente maschili. L’alcol rappresenta, insomma, un modo per darsi forza e colmare frustrazioni nate da aspettative di vita deluse.