Da dove partire per sensibilizzare i bambini alle disabilità fin dall’Asilo Nido: la filosofia da seguire e da riportare ai genitori.
Ogni anno che passa, cresce sempre di più la nostra attenzione nei confronti delle disabilità. Passiamo molto tempo a chiederci se sia meglio usare i termini «disabile» o «diversamente abile»; dove possibile adattiamo le strutture architettoniche per rendere accessibili gli spazi pubblici; creiamo addirittura spiagge riservate alle persone con limitazioni motorie.
Nonostante tutta questa attenzione mediatica e culturale nei confronti delle disabilità, in un certo modo siamo ancora molto lontani dalla vera inclusione sociale. Per educare i bambini alla disabilità, il primo passo da fare è iniziare a concepire le diversità come una normale quotidianità. Che cosa significa?
Significa che non dovrebbero esistere ingressi per chi può camminare e per chi non può, che tutte le altalene dovrebbero essere attrezzate per bambini con o senza disabilità motorie, che le strade e i marciapiedi dovrebbero essere percorsi in tutta tranquillità da chi può farlo sulle sue gambe allo stesso modo di chi, invece, ha bisogno di ausili di supporto.
Sensibilizzare i bambini alle disabilità significa eliminare qualsiasi tipo di «distanza» tra un individuo e l’altro trasferendo loro il messaggio che non esiste una «normalità» assoluta, che la vita è fatta di tante «diverse normalità» e che tutti abbiamo lo stesso legittimo e imprescindibile diritto di entrare in un edificio, di visitare un museo, di vivere uno spazio aperto, di accedere a un luogo pubblico, di percorrere la stessa identica strada senza doverci spostare in una carreggiata dedicata.
Alla base di questo approccio non può che esserci una grande attenzione allo sviluppo emotivo dei bambini. In assenza di empatia, difficilmente cresceremo degli adulti capaci di comprendere l’altro e di elaborare ideali personali nei confronti delle diversità.
Da dove partire per sensibilizzare i bambini alle disabilità
Esistono giochi e attività per abituare i bambini a considerare normale qualsiasi diversità? Certo che sì e il web è pieno di buone proposte, ma vogliamo sottolineare che qualsiasi attività non può colmare, da sola, i vuoti lasciati da un approccio esclusivo.
I bambini non nascono con la consapevolezza che qualcuno possa essere diverso dall’altro; così come imparano a parlare una lingua dagli adulti allo stesso modo imparano a giudicare.
Finché all’interno di un qualsiasi edificio ci saranno bagni per persone normodotate e bagni per persone con disabilità, non possiamo pretendere che le future generazioni crescano senza concepire una divisione netta tra ciò che è considerato «normale» e ciò che è considerato «diverso» a causa di una minoranza numerica e statistica.
Ma passi il bagno «personalizzato», che per questioni di logistica degli spazi può, in molte situazioni, essere già considerato un grande risultato. Evitiamo almeno qualsiasi altra situazione che possa far percepire ai bambini un trattamento diverso nei confronti di un singolo, anche se questo può voler dire prevedere attività diverse da quelle che si svolgerebbero in una classe in cui tutti possono camminare, correre, vedere, sentire, parlare.
Come spiegare l’approccio ai genitori
A questo punto, sorge spesso la stessa domanda da parte dei genitori: avere un compagno con disabilità può diventare un limite per gli altri bambini? Tutt’altro. Ed è per questo motivo che è importante sensibilizzare gli adulti, ancora prima dei loro figli, spiegando che crescere insieme a persone con disabilità mentali o fisiche è un’occasione in più per diventare persone migliori, dotate di grande sensibilità e umanità nei confronti del prossimo.