Come si manifesta e come si affronta l’Arfid nei bambini.
L’Arfid, letteralmente Avoidant Restrictive Food Intake Disorder, ovvero «disturbo evitante restrittivo nell’assunzione del cibo» è un nuovissimo disturbo alimentare che porta le persone a selezionare il cibo in modo esageratamente controllato e a nutrirsi con pochissimi e insufficienti alimenti.
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L’Arfid può manifestarsi a qualsiasi età, ma i dati degli ultimi anni rivelano un’insorgenza maggiore nell’infanzia e nell’adolescenza, con una percentuale pari al 60% nei maschi e al 40% nelle femmine. I motivi che possono favorire l’insorgenza del disturbo sono diversi: dalla paura di soffocare al timore di non riuscire a digerire. Altri bambini, invece, evitano i cibi di alcuni colori oppure accettano solo quelli con una determinata consistenza, caratteristica che in alcuni casi può essere collegata all’Autismo e al deficit di attenzione e iperattività.
Nei bambini, questo disturbo alimentare porta al rifiuto degli alimenti nuovi o di quei cibi che non rispondono alle caratteristiche preferite, sia nel sapore sia nell’estetica, causando disgusto, a volte, anche il vomito.
Come capire se si tratta di Arfid?
Prima di spaventarsi inutilmente con diagnosi casalinghe, è bene contattare un pediatra o un esperto in disturbi alimentari e sottoporre i bambini a una visita specialistica. Sarà il pediatra a valutare la necessità di far intervenire un neuro-psichiatra infantile o uno psicologo.
In generale, l’Arfid comporta, a lungo nel tempo:
• perdita di peso
• stanchezza cronica
• sonnolenza
• rallentamenti nella crescita
Come affrontare i rifiuti del bambino
Mai, assolutamente mai obbligare i bambini a mangiare contro la loro volontà usando comportamenti intimidatori o ricatti, come ad esempio: «Se non mangi tutto sarai punito», «Potrai alzarti da tavola solo quando avrai finito di mangiare», «Ho preparato la cena apposta per te, vuoi far star male la tua mamma?».
I comportamenti forzati non risolvono i problemi di fondo, anzi, possono addirittura estremizzarli oppure nasconderli momentaneamente e nel tempo aggravarli. Mentre si attende una diagnosi vera e propria, meglio usare strategie alternative per avvicinare i bimbi alla buona tavola, come ad esempio cucinare insieme a loro, disegnare con il cibo o nascondere bene (molto bene, guai a essere scoperti perché i bambini potrebbero iniziare a dubitare anche dei cibi «eletti» e, soprattutto, dei loro genitori!) alcuni ingredienti «banditi» dentro a quelli favoriti.