Se state leggendo questo post, è perché – forse – vi preparate a vivere direttamente o indirettamente l’esperienza di accogliere un bambino con Sindrome di Down. Può essere utile, allora, dare qualche informazione che vi aiuti ad affrontare la situazione con maggiore chiarezza.
Innanzitutto: la Sindrome di Down non è ereditaria, anche se ovviamente di origine genetica. In sostanza è dovuta alla presenza di un cromosoma in più nel patrimonio genetico di un bambino. Può essere diagnosticata durante la gravidanza attraverso amniocentesi e villocentesi. I bambini con Sindrome di Down presentano alcuni tratti fisici caratteristici (occhi, detti, a “mandorla”, fronte alta, orecchie quadrate, naso “piatto”..) e un ritardo mentale di intensità variabile.
Lo sviluppo mentale e fisico dei bambini con Sindrome di Down non è uguale per tutti, ma cambia da individuo a individuo. L’entità di un qualsiasi ritardo dipende naturalmente dai fattori genetici, ma anche l’educazione svolge un ruolo fondamentale nella crescita. Con i loro tempi e le loro modalità questi bambini vivono momenti analoghi a quelli di tutti gli altri: dalla scoperta dei piedini e delle manine alla curiosità per i giocattoli, dai primi approcci con l’asilo e la scuola fino all’adolescenza e alla maturità.
La maggior parte, nel tempo, diventa autonoma, seguendo percorsi simili a quelli dei loro coetanei e sviluppando le proprie predisposizioni: cucinare, pulire la casa, vivere, leggere e studiare sono mansioni quotidiane che con il tempo diventano automatiche e affrontabili a diversi livelli.
I bambini con Sindrome di Down frequentano la scuola come tutti, possono fare sport insieme agli amici, imparare, crescere, lavorare, innamorarsi e costruirsi una vita al fianco di un compagno o di una compagna. Avere un figlio con Sindrome di Down significa condividere con lui le stesse gioie e gli stessi impegni che regalano tutti i figli, anche se con modi e tempi un po’ diversi. È importante imparare a conoscerlo profondamente, stabilire con lui un’intesa solida e un legame di fiducia, ma anche dare delle regole e farle rispettare, programmare degli orari dedicati al gioco e altri allo studio o all’apprendimento di un lavoro, quando sarà più grande.
Quando ci si prepara a comprendere per la prima volta questa sindrome, possono nascere paure, pensieri contrastanti e domande. Ma, in fondo, queste incertezze accompagnano tutti i genitori. Chi non si è mai chiesto se sarà in grado di affrontare i momenti difficili, di regalare al proprio bambino una vita felice e di essere all’altezza delle richieste? È inevitabile porsi domande importanti.
Per trovare risposte a volte può essere utile parlare con altri genitori che vivono la vostra stessa esperienza, ascoltare il loro punto di vista e confidare le proprie paure. Chiedere aiuto a un pedagogista vi permetterà di programmare un percorso di crescita personale sia per voi sia per il vostro bambino. Avere un figlio comporta grandi responsabilità, ma anche tanto entusiasmo, felicità, soddisfazione. Sarete voi a decidere a quale di questi sentimenti dare la priorità e con quale spirito aiutare il vostro piccolo a farsi strada nella vita.