Intervista a Flavia Cristina Simonelli, counselor
Flavia Cristina di Pescantina (VR) è arrivata fin dal Brasile per portare avanti, in Italia, la sua professione di counselor e di scrittrice. Oggi, con un libro pubblicato da Feltrinelli e un’attività in proprio, Flavia sogna – tra le tante cose – di aiutare sempre di più le persone.
Ciao Flavia, perché hai scelto di specializzarti proprio in counseling?
Prima di iscrivermi al corso dell’Istituto Cortivo, lavoravo già da tempo con il metodo della Biografia, in chiave antroposofica. Ho aggiunto il counseling alle mie competenze perché, secondo me, aiuta le persone a percepire il presente da prospettive più ampie, a identificare i loro punti di forza e a definire i cambiamenti desiderati.
Secondo te, che cosa serve per fare (bene) il counselor?
Prima di tutto, bisogna avere una preparazione adeguata. Allo stesso tempo bisogna imparare ad ascoltare senza giudicare, a percepire l’altro così com’è e a contestualizzare i temi introdotti dalle persone nelle loro storie.
«Per fare il counselor, bisogna lavorare molto su se stessi; lasciare andare schemi, credenze e cose superflue; bisogna raggiungere una visione sistemica di sé»
Pensi che il counseling offra opportunità professionali in Italia?
Penso proprio di sì e io ne sono la conferma. In questo momento, svolgo la professione di counselor come libero professionista e, parallelamente, faccio anche la scrittrice. In Italia, questa professione è in crescita perché le persone hanno tanto bisogno di essere ascoltate e di chiarirsi.
Parliamo dei tuoi libri: ne hai scritto uno, in particolare, in italiano. Di che cosa parla?
Si chiama «Assenza» e, in Italia, è in vendita da Feltrinelli. Possiamo dire che parla di tutti quei conflitti emozionali che insorgono, all’interno di una famiglia e non solo, quando a uno dei componenti viene diagnosticato l’Alzheimer. Rabbia, paura, colpa: sono solo alcune delle emozioni che vengono analizzate nel mio romanzo psicologico.
«Quando sei davanti a una persona, sei tutto quello che hai fatto per te stessa fino a quel momento. Fare il counselor non significa solo padroneggiare un metodo ed essere in grado di applicarlo»
Come mai hai scelto di far girare tutto il tuo libro attorno all’Alzheimer?
Il metodo che utilizzo io, quello della Biografia, si basa proprio sulla storia delle persone. Con questo tema ho cercato di capire che cosa possa significare, invece, dimenticare la propria vita, diventare ogni giorno una persona nuova e sconosciuta anche a se stessi. Mi sono documentata tantissimo, ho frequentato direttamente le persone malate e i loro familiari, ma anche medici e specialisti.