La Pet Therapy nasce intorno al 1960, grazie allo psichiatra infantile Boris Levinson, che per primo teorizzò i benefici dell’interazione bambino-animale.
Ma la Pet therapy può essere efficace anche con i disabili e con gli anziani e, negli ultimi anni,, molti studi hanno dato risultati sorprendentemente positivi proprio con quest’ultima categoria di persone.
In particolare, un gruppo di psicologi ha analizzato sistematicamente, basandosi sulla rilevazione di alcuni indici specifici, il potenziale giovamento apportato dalla Pet-therapy sull’umore degli ospiti di una casa di riposo in cui, per sei mesi, è stato accolto un cane addestrato. Gli anziani sono stati sottoposti a test psicologici e neuroendocrinologici, durante e dopo la convivenza con l’animale, per valutare eventuali cambiamenti.
Alla fine del periodo di osservazione, i soggetti sembravano aver migliorato il tono dell’umore: erano più sorridenti e gioviali, reattivi e socievoli, rispetto ad altri ospiti della casa di riposo che non avevano interagito con il cane.
Che la Pet Therapy sia efficace, dunque, sembra ampiamente provato. Non è facile, però, adottarla sistematicamente, perché l’ingresso di un animale in un ambiente clinico- ospedaliero modifica inevitabilmente abitudini e stili professionali degli operatori sanitari, costringendoli a ripensare e a modificare la loro attività quotdiana. Il che, come si può immaginare, è tutt’altro che agevole.